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domenica 8 marzo 2015

Un normale venerdì in metro


Succede così, un venerdì come tanti.
Una mattina di quelle che ti senti felice ed energica che neanche uno spot della Mulino Bianco: scendi dal letto pimpante, consumi quasi con gioia quella fetta biscottata che è la tua colazione in regime di dieta biafrana, ti avvii per strada con il sole che sembra sorridere e gorgogliare come quello dei Teletubbies.

Passo baldanzoso, tracolla al fianco e biglietto in mano, ti dirigi serena verso l'entrata della metro.
E lì accade.
Non è la scritta "Tiburtina" che svetta sopra la tua testa, come il "lasciate ogni speranza" dell'inferno dantesco.
Non è neanche l'odore di alcol-urina-sporco e altre fragranze non meglio identificabili che colpisce le narici con la delicatezza di un panzer tedesco.
Perché mentre stai lì, un piede sul primo gradino e l'altro ancora nel mondo dei vivi, una soave voce metallica dà il suo annuncio di morte.
Si avvisano i signori viaggiatori che causa affollamento straordinario delle banchine, al treno in arrivo in direzione Laurentina seguirà un altro, più libero. 
Il sorriso vacilla, appassisce come un fiore di campo di fronte ad Attila.
Eppure dai, ti dici, non è la fine del mondo. Ci sarà da aspettare la metro successiva. A volte capita.
Ma dentro di te una vocina ti dice che no, non sarà come al solito.
Affollamento straordinario.
Deglutisci, mentre un vociare confuso riempie la tromba del sottopassaggio, striscia sulle pareti unte e arriva a te carico di minaccia incombente.
E poi ti fermi, semplicemente, perché una barriera umana impenetrabile si erge davanti a te, appena varcati i tornelli.
Inchiodi contro lo spilungone davanti, tendi il collo, cerchi di vedere.
Nulla.
Persone a perdita d'occhio.
Schiene e teste di ogni foggia e dimensione schierate come le 10.000 statue di terracotta dell'imperatore Qin Shi Huang.
Ma no, tu non ti perdi d'animo. Sei partita col piede giusto, e ok, questo è un piccolo inciampo, ma si può fare.
Stringi i denti. A gomiti alti come un marines che striscia, ti insinui fra la folla e non si sa come, contusa e confusa, arrivi a intravedere il binario proprio mentre la metro si avvicina.
Ecco, l'elettricità attraversa la folla come una freccia, si animano, cominciano a scalpitare.
Vedi lo sguardo dei passeggeri all'interno che cambia, iniziano a tremare, pensano di scendere alla successiva, ma ormai è troppo tardi.
Le porte di aprono, è un attimo di silenzio, di stasi, di respiro trattenuto.
E poi, al grido di "QUESTA E' SPARTAAAAAAAAAAAAA!!!" la folla si scaglia in avanti, invade il vagone, travolge gli illusi che pensavano di scendere... e tu, un po' trasportata dalla marea umana, un po' arrampicandoti su chi ti sta attorno, incredibile ma vero riesci a salire.
Con un calcio ti liberi dalla vecchietta abbarbicata al tuo piede, la scrolli via proprio mentre le porte si chiudono, ringhi contro chi solo si azzarda a dire "Non c'è posto, scendete".
Ce l'hai fatta, sei sopra.
Sì, stai mettendo a dura prova l'incomprimibilità della materia, ma sei sopra.
Ti torna il sorriso.
Poco importa del gomito conficcato tra le scapole, del borsone dietro le ginocchia che ti fa assumere la posizione della rana, del tizio davanti che praticamente può fare una planimetria completa delle tue tette spiaccicate addosso a lui, e che...
Che ti chiama per nome.
Perché non è un tizio.
"Ehi, ma sei tu".
No, rispondi dentro di te, impallidendo. Non sono io. Sono una sosia abbandonata da piccola che ha vissuto in Jamaica e si è data alla fabbricazione di cestini di paglia.
Ma no, tu sei proprio tu. E lui è proprio lui.
Il tuo ex.
Le sue ultime parole, crepa.
Sbocci in un sorriso talmente naturale che tra poco ti si spaccano le guance. "Ma che piacere..."
Della serie, speravo proprio di incontrarti dopo che mi hai lasciata facendomi soffrire come un cane, specialmente ora che ho l'aspetto di una profuga in quarantena e sono costretta a spiattellarti le tette sull'avambraccio.
Coincidenze che rallegrano la vita, insomma.
Lui sorride. "Ti vedo... benino, dai"
Ridillo e ti ficco un dito nell'occhio. Poi chissà come mi vedi.
"Oh, ti trovo bene anch'io. Vedo che la cura per la calvizie incipiente era tarocca come ti dicevo..." cinguetti, soave come una coltellata nello stomaco.
Tiè.
Inizia a chiacchierare del più e del meno, apparentemente noncurante che i vostri corpi aderiscano con effetto ventosa, da fare pop quando li stacchi.
Ma poi fa la fatidica domanda, e arriva il momento della rivalsa, della vendetta, della nemesi.
"Allora, come ti vanno le cose? Novità?"
Eccolo, il momento che hai pregustato da quando il suo brutto muso si è ripresentato a due centimetri dal tuo, insieme alla scoperta che la sua alitosi nel frattempo non è migliorata.
"Io?" Ti stiracchi e con fare casuale praticamente gli schiaffi la mano in faccia, rischiando di sfregiarlo con lo Swarovsky che troneggia fiero sull'anulare. Della serie, quando si ha classe. "Mah, niente di che".
Così come casualmente gli accenni che ora stai con un uomo molto più bello, elegante, gentile, facoltoso, importante e sessualmente esperto di lui, con tanto di enumerazione di conto in banca, proprietà varie, regali dal primo mese a oggi e già che ci sei anche la cronaca della vostra ultima vacanza.
Perché dicevo, quando si ha classe...
E prima che lui possa anche solo esprimere una qualsiasi considerazione sul fiume di parole che gli hai riversato addosso, esclami un "Oh, questa è la mia fermata, devo andare, ciao!" e ti concedi solo il tempo di dargli il tuo pacchetto di mentine, accompagnato dalla preghiera "usale", prima di scendere.
E mentre ti allontani soddisfatta tra la folla della fermata che ovviamente non era la tua, ti chiedi se non sia stato troppo ardito sventolare l'anello della nonna e citargli pari pari la trama della tua soap preferita.
Ma d'altra parte, a volte bisogna improvvisare.
Questa è la vita.
E questo è un normale venerdì in metro.


∼ Marta∼






giovedì 6 marzo 2014

Più votato dai social - intervista a Vincenzo Cinanni

Il concorso "Frecce d'inchiostro per S.Valentino" si è concluso da poco, con un successo inaspettato. In tantissimi avete partecipato, votato, condiviso, festeggiato i vincitori. A brevissimo verrà rilasciata l'antologia in premio, con  lavori dei cinque poeti, narratori, fotografi e disegnatori ritenuti migliori per votazione popolare e della giuria di qualità.

In questo contesto, ho il piacere di presentarvi uno dei poeti che tra "mi piace" e commenti ha riscosso molto successo di pubblico. Sto parlando di Vincenzo Cinanni!





Salve a tutti! Parliamo oggi con il nostro Vincenzo Cinanni, che ha partecipato al concorso “Frecce d'inchiostro per S.Valentino” con una poesia. Iniziamo con qualche domanda di rito. Innanzitutto, come hai conosciuto Magla ed il concorso? 


Vincenzo: Attraverso Facebook.


Descriviti in tre parole:

V: SCRIBAN POETA, sognatore, lettore.

Vincenzo, la tua poesia ANTIROMANZO è risultato una delle più votate tramite social. Cosa ti ha ispirato a scriverla? 

S: Spesso capita che la vita non abbia un happy end, come nei movies.

La dedichi a qualcuno in particolare?

S: la dedico a chi cerca nei versi del prossimo sincere idee.

Come hai giudicato l'esperienza del concorso? Parteciperesti ancora?

S: penso che sia stato un modo per confrontarmi con stili poetici diversi dal mio.

Completa la frase: scrivere per te è... ? 

S: parteciperei mille volte, ancora.

Ringraziamo Vincenzo per essere stato con noi, e vi lasciamo con la sua poesia "ANTIROMANZO".


' Antiromanzo'


Cuori affievoliscono il soffio insinuante del dubbio. 

Le questioni si impressionano... sulla carta,
come saette che corrono verso l'immensità
di un pressante e stupendo coinvolgente,
desiderio di rivedere il suo viso.
E' quel film che ognuno desidera vedere.
Una vecchia pellicola sfumata prospettiva,
in cui Lei e Lui hanno il loro happy end.
Ma l'esistenza di noi creature
poco ha a che fare 
col mondo della celluloide.
Viviamo i nostri giorni, 
pensando che nulla
potrà durare per sempre.
Cogliamo i frutti delle nostre giornate.
Pensiamo che se dovrà accadere,
beh, sì accadrà.
I bei ricordi restano
come una pira, 
che scalda un gelo di alcuni freddi istanti.
Lei tornerà? Il seguito... ... alla prossima puntata''. 


Poesia di Vincenzo Cinanni, lo scriban poeta...



[Marta Tempra]

Più votato dai social - intervista a Silvia Devitofrancesco

Il concorso "Frecce d'inchiostro per S.Valentino" si è concluso da poco, con un successo inaspettato. In tantissimi avete partecipato, votato, condiviso, festeggiato i vincitori. A brevissimo verrà rilasciata l'antologia in premio, con  lavori dei cinque poeti, narratori, fotografi e disegnatori ritenuti migliori per votazione popolare e della giuria di qualità.

In questo contesto impossibile non citare gli autori che nella votazione social hanno addirittura spopolato!
A furor di popolo, e di voti, ho il piacere di presentarvi Silvia Devitofrancesco!




Salve a tutti! Parliamo oggi con la nostra Silvia Devitofrancesco, che ha partecipato al concorso “Frecce d'inchiostro per S.Valentino” con un racconto breve. Iniziamo con qualche domanda di rito. Innanzitutto, come hai conosciuto Magla ed il concorso? 


Silvia: Salve a tutti. Ho conosciuto Maglia e di conseguenza il concorso navigando su facebook, vedendo nell’elenco “pagine che potrebbe interessarti”


Descriviti in tre parole:

S: Luce, penna e rosso

Silvia, il tuo racconto “L'importanza della parola amore” è risultato il più votato tramite social, con ben 111 voti. Cosa ti ha ispirato a scrivere questo racconto? 

S: Dopo aver letto il vostro bando ho pensato a un racconto nel quale si immedesimassero tutte quelle donne che san Valentino non lo festeggiano. Il mio intento era mostrare al mondo una faccia diversa del s. Valentino, non i soliti fiori e cioccolatini, ma anche la riflessione e il ricordo di un amore che è stato e, quindi, di un san Valentino a suo tempo “festeggiato”. Ho pensato a me stessa che per principio non festeggio questa ricorrenza!

Lo dedichi a qualcuno in particolare?

S: Non si dice ahah no, a parte gli scherzi, scindo sempre i due ambiti. Nei miei testi cerco di non parlare quasi mai di me in maniera diretta, al massimo ne lascio traccia tra le righe, attraverso i comportamenti o i pensieri dei personaggi, ma le mie vicende personali non sono mai protagoniste dei miei lavori. La scrittura è un altrove!

Come hai giudicato l'esperienza del concorso? Parteciperesti ancora?

S: E’ stata una bella esperienza. Amo i concorsi, perché donano la voglia di mettersi in gioco e di confrontarsi con gli altri. Li trovo estremamente costruttivi e, in un certo senso, didattici, poiché permettono anche di conoscere stili di scrittura completamente diversi dal proprio, aprono nuovi orizzonti, permettono di vedere uno stesso motivo narrativo da un diverso punto di vista. Certo, occorre un grande sentimento sportivo, la sconfitta può esserci, ma deve costituire uno spunto per ripartire e per ritentare, quindi sì sicuramente parteciperei nuovamente.

Completa la frase: scrivere per te è... ? 

S: Vita. Senza la scrittura mi sentirei incompleta, smarrita. La scrittura mi ha aiutata a rapportarmi col mondo, a conoscere nuove persone eliminando la timidezza che costruiva per me un vero e proprio blocco. Inoltre scrivere è sinonimo di emozione, poiché qualunque testo lascia qualcosa nel lettore e nello scrittore. Considero scopo primario della scrittura proprio quello di emozionare il lettore e lo scrittore ne costituisce un semplice tramite.

Ringraziamo Silvia per essere stata con noi, e vi lasciamo con il suo racconto: “L'importanza della parola amore”.


Quel pomeriggio Lavinia era particolarmente nervosa. Si alzava dalla poltrona della scrivania, girovagava per la stanza, guardava fuori dalla finestra dell’ufficio posto al settimo piano di un imponente edificio e poi si risedeva per ripetere quello strano copione dopo un minuto. 
Odiava quel giorno la dolce Lavinia. Da quando Marco, il suo ex fidanzato, l’aveva lasciata, la sua vita non aveva più senso. Lavinia credeva nell’amore e quando conobbe Marco si accorse di aver finalmente trovato l’uomo giusto. Con lui aveva creato una perfetta sintonia. Erano come due violini in un’orchestra, suonavano sempre all’unisono emettendo suoni dolci e melodiosi e il risultato era un concerto strepitoso nel quale i loro occhi e i loro cuori cantavano per loro. Un giorno però il concerto finì. Marco si era innamorato di un’altra donna e, proprio il giorno di S. Valentino, esordendo con la celebre frase: “Ti devo parlare”, confessò tutto a Lavinia e le loro strade si divisero.
A distanza di un anno Lavinia non era riuscita a superare il trauma e ad andare avanti. La bellezza non le mancava così come gli ammiratori, ma la giovane, dopo la prima uscita, trovava in loro sempre qualcosa di sbagliato e non li richiamava. Preferiva restare chiusa nel suo dolore, giurando a sé stessa che non avrebbe amato nessun altro, poiché il suo Marco, per quanto l’avesse fatta soffrire, restava sempre il suo unico vero amore.
Lavinia pregava che quella giornata passasse in fretta e che i negozi togliessero dalle vetrine quelli odiosi biglietti con su scritte frasi d’amore. <<Dovrebbero pensare a quanti l’amore non ce l’hanno.>> pensava mentre passava dinanzi all’ennesima vetrina addobbata a festa. Per fortuna non mancava poi molto per essere a casa, così si sarebbe potuta sedere sul divano e guardare uno dei soliti film strappalacrime per donne single che trasmettono la sera di S. Valentino. Lei l’amore l’avrebbe visto solo nei film…
Lavinia entrò in casa e notò una luce soffusa provenire dal soggiorno. Col cuore che le pulsava si avvicinò, senza fare rumore, alla stanza. Una figura maschile la attendeva. Era di spalle, ma lei l’avrebbe riconosciuto tra mille. Fisico possente e capelli biondi. Sul tavolo una cena, sicuramente appena cotta, attendeva di essere consumata e, tra le pietanze, un enorme bouquet di rose rosse era pronto per essere racchiuso tra le braccia di una donna innamorata. Lavinia non credeva ai suoi occhi. Da una parte avrebbe voluto cacciarlo di casa, dall’altra, invece, era convinta che si fosse appena realizzato un sogno. Continuando a non fare rumore gli si avvicinò, sfiorandogli la spalla. L’uomo si voltò e i loro sguardi si incrociarono. Contemporaneamente, come per magia, nella stanza si diffusero le note della canzone “E ritorno da te” di Laura Pausini. <<Cosa significa tutto questo?>> chiese Lavinia usando un tono tra il felice e lo spaventato <<E ritorno da te perché ancora ti voglio… Lavinia io non riesco a smettere di pensare a te. Riusciresti a cancellare il passato?>> gli chiese apprensivo <<L’ho già fatto.>> rispose lei dolcemente. Aveva paura, ma, per una volta, lasciò che fosse il suo cuore a parlare per lei. E un sensuale bacio sancì l’importanza delle loro parole.
Lavinia sobbalzò. Guardò intorno a sé la casa avvolta dalle tenebre e sbadigliò con aria desolata, mentre sullo schermo della televisione scorrevano i titoli di coda di un noiosissimo film. Spense la televisione, si alzò dal divano e si infilò sotto il suo caldo piumone. Poi chiuse gli occhi.
S. Valentino, anche per quell’anno, era trascorso.