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martedì 21 marzo 2017

21 marzo: Giornata mondiale della poesia | Festeggiamola con i versi di Loriana Lucciarini



Gocce d'acqua come pugnali

Gocce d’acqua come pugnali
nel giorno più grigio e silenzioso
non ci sono parole per dirlo.
Il rumore di un uomo che si rompe
è un rumore di polvere nera e graffi di spillo.
Nessuna parola per dirlo,
quando arriva il giorno più grigio e silenzioso
e l’anima si rompe.

[tratto da: “I legami sottili dell’Anima” di Loriana Lucciarini]



lunedì 11 gennaio 2016

[L'sW] - Trasparente


E’ seduta di fronte a me, carina – anzi no – normale. Viso minuto, lineamenti precisi, capelli biondini portati appena lunghi sulle spalle. Un filo di trucco. Porta un cappottino nero e dei guanti di lana con sciarpa dello stesso colore. Jeans e stivaletti, borsa di media grandezza. Niente fuori posto, tutto in ordine. Non è brutta eppure non la si nota, sarà per questa sorta di meticolosa precisione nel trovare abbinamenti e abbigliamenti assolutamente anonimi, quasi a volersi confondere. Il volto potrebbe essere interessante, se solo il naso avesse avuto una curva più personale, a dar carattere al viso. Le labbra, comunque carnose, sono sminuite da una passata distratta di lipgloss che ne annacqua il colore. I suoi occhi sono di un verde che ha assunto i colori spenti delle foglie d’autunno, tanto si son sforzati di non farsi notare. Quando si alza ed esce dal vagone è come se non vi fosse mai salita. Io che son di fronte a lei non saprei neanche dire a che fermata è scesa. Il ricordo che lascia, già pochi istanti dopo è confuso e indistinto. Lei, trasparente, è già andata via, schivando silenziosa e leggera gli altri, proprio come fa quotidianamente con la vita. Forse lei crede che il dolore possa scavar di meno nell’anima. Se questo non sa dove trovarti, magari non arriva. 

Questo racconto fa parte della raccolta "Incontri metropolitani" leggibile gratuitamente on line a questo link

∼ Loriana ∼





venerdì 11 dicembre 2015

mercoledì 8 luglio 2015

[L'sW] - La giraffa rosa






Una giraffa rosa ecco cosa vorrei. 
Io sono bimba piccola e non ho pensieri importanti. Ma un desiderio grande sì, questo qui della giraffa rosa. Sarebbe la mia migliore amica e la farei dormire con me. Quando vuol stare da sola o litighiamo allora potrebbe stare nel mio armadio bianco con i fiori colorati. C’è un buon profumo dentro, ci starebbe bene la giraffa. 
Piace anche a me starci, dentro l’armadio, quando mamma e papà litigano e urlano. Lì, al buio, le botte che mamma prende sembrano quasi che possano farle meno male. 
Ma l’ultima volta, quando lei è venuta a chiamarmi, aveva la bocca rossa e non era marmellata di mirtilli, lì ho capito che le botte erano state proprio forti davvero. E’ stato lì che le ho chiesto se anche lei voleva nascondersi nel mio armadio bianco con i fiori colorati. La mamma mi ha abbracciata forte e mi ha detto che avremmo dovuto trovare un armadio più grande per tutte e due, così oggi siamo andate a cercarlo, io e lei, zitte senza dirlo a papà. 
Questo è il nostro segreto, ed è divertente. 
Mamma mi ha promesso che presto tutto cambierà e che potrò avere anche la giraffa rosa. Già mi immagino i pomeriggi a giocare con la mia giraffina. Era proprio tanto che la volevo e ora questo sogno si avvera. 
Già so che la chiamerò Flora. 
Sono felice e sorride pure lei, la mia mamma. 
Però non capisco… perché, per cercare un armadio, bisogna portarsi dietro tutte queste valige? Sarà perché forse dobbiamo vedere se ci stanno tutti i vestiti più noi dentro, per comprarne uno buono? 

Questo racconto fa parte della raccolta "Incontri metropolitani" leggibile gratuitamente on line a questo link

∼ Loriana ∼






mercoledì 17 giugno 2015

[L'sW] - Caffé bollente





Anche questa volta il maledetto si porta addosso la scia del suo profumo, un profumo forte, pungente, disgustoso. Sì, perché ora mi tradisce con quella donnucola esaurita, che poi è una delle clienti del nostro negozio di bricolage. Ultimamente aveva sempre problemi con il materiale da dover tornare a cambiarlo. Roba di tubature, mi diceva lui. Più roba da sifone e stantuffi, ho pensato io e infatti non sbagliavo: lui mi tradisce e io sto subendo tutto questo da troppo. Così, appena il maiale entra in cucina, mentre sto preparando la frittata, lo assalgo furibonda. E lui che fa? Conferma e mi chiede di capirlo, in fondo – dice lui – mi ama, ma la passione tra noi si è assopita da troppo. Con l’altra invece – dice – fa scintille: sesso sfrenato e ore di goduriosi amplessi; ma sostiene che è solo sesso perché in fondo ama me.

Resto interdetta. Non mi aspettavo questa svolta inaspettata, perché con Antonio è sempre andata così: ciclicamente mi tradisce, si sollazza per qualche settimana ma poi torna sempre e fare pace è ancora più divertente, anzi il sesso – dopo – è sempre più intenso e appagante. Ma questa volta è diverso: lui ammette il tradimento, dice che mi ama ma anche che non sa decidersi tra me e l'altra. Mi chiede così di non assillarlo con la mia gelosia. Ok, se me lo voglio tenere, accetto, decido. Non so dove mi porterà tutto questo, ma so che adesso lui, colmo di desiderio, mi prende da dietro e, strappandomi le mutandine, mi possiede lì, davanti ai fornelli, con amplessi colmi di passione e grugniti di piacere. Ovviamente la frittata si è bruciata, ma ne ho fatta un’altra senza problemi, tanto sono felice. E' tornato da me!

Ma l'indomani questa certezza si sgretola quando mi annuncia che sta per uscire con l’altra. Il deficiente! E io mando giù la pillola, sperando solo che quell’altra non lo faccia godere quanto me... perché con me ieri, il pezzente, ha goduto parecchio, quando mi ha sbattuto contro il frigorifero, affondandomi il viso tra lo strofinaccio e la presina, mentre entrava e usciva dentro me e mi alitava sul collo con respiri spezzati!

Lo lascio andare, certa che l'altra non lo soddisferà quanto me... Invece, quando torna mi racconta senza pietà i particolari del suo incontro: l’ha messa sul tavolino in cantina e l’ha penetrata piano mentre lei mugolava forte e l’eco dei suoi amplessi è rimbalzato per tutte le scale, facendo uscire qualche vicino curioso. Poi, dopo esser arrivati al piacere estremo, sono rotolati sul pavimento tra damigiane di vino rosso e qualche ragnatela. Oddio, è stata più brava di me penso.. quindi, arrabbiata e ferita, lo interrompo e lo cavalco come un’amazzone per tutta la notte. Lui grugnisce di piacere quando gli strizzo i capezzoli tra i denti. I miei sforzi sono ripagati perché viene dentro di me, di nuovo. Ho vinto io!, mi ripeto soddisfatta.

Ma anche questa la vittoria è di breve durata. Il giorno dopo lui ha l’ardire di portarla in casa e, mentre io sono in cucina a preparare il caffé – che non mi si dica che non sono ospitale – sento degli strani sospiri provenire dallo sgabuzzino... i rumori sono inequivocabili: spinte ritmiche contro il muro sempre più veloci e ansimi gutturali che giungono a me anche attraverso le pareti. Mi guardo attorno per un attimo ancora confusa, poi ritorno nella realtà: io in cucina a fare il caffé mentre quei due sono a scopare senza ritegno nello sgabuzzino. Ma cosa sto facendo? Ho davvero accettato una situazione così umiliante, illudendomi che tutto questo mi avrebbe fatto stare bene?

Un fremito mi pervade quando finalmente riesco a darmi la risposta. Quella giusta.

Qualche istante dopo sono a offrire ad entrambi il caffé con un sorriso di convenienza. Poi, inaspettatamente, apro la porta di casa e li invito ad andarsene.

“Fuori da casa mia!” comando. “Tra di noi è finita” annuncio a mio marito, “non tornare più a casa” concludo, sbattendogli la porta in faccia. Un saluto liberatorio.

Mi affaccio e li vedo discutere animatamente fuori dal portone. Attendo pochi istanti, poi vedo lei piegarsi in due accusando un dolore al basso ventre. Pochi secondi dopo è il turno del pezzente, che ora si contorce sul marciapiede urlando.

Vado in bagno a prepararmi per uscire, mentre pochi minuti dopo, la sirena annuncia l’arrivo dell’ambulanza chiamata certamente da qualche passante caritatevole.

Guardo allo specchio la mia immagine riflessa e ci vedo una donna nuova che, con una strana luce negli occhi, sogghigna all'idea di quei due alle prese con gli effetti dolorosi e imbarazzanti dell’intossicazione acuta da guttalax, tra miasmi e espressioni rivoltanti... degna chiusura di sipario per questa storia di m....

∼ Loriana ∼





 

mercoledì 20 maggio 2015

[L'sW] - I 23 secondi in cui la terra tremò







Mi ridesto che è già sorta l’alba. La luce ha iniziato a illuminare il mondo, definendo paesaggi e oggetti che prima erano solo un’ombra indistinta attorno a me. Mi guardo intorno stupita, osservando la strada che ho di fronte, sinuosa curva di asfalto percorsa ai lati dal verde di questa terra. Il bosco è appena più in là.

Faccio qualche passo e vengo investita da una folata di vento che fa alzare una nube di polvere bianca e sabbiosa; questa m’avvolge e s’avviluppa anche attorno alla vegetazione. C’è un silenzio irreale, quasi statico, ovattato.

Ma dove sono? Sì, ora ricordo…

Sono uscita quando la terra ha smesso di tremare, appena dopo il boato e la polvere. Un terremoto. Per 23 lunghissimi secondi la terra è stata solo un rombo arrivato dalle viscere del mondo, a inghiottire case, strade, ponti, gente, vite.

Mi volto e riconosco a fatica, oltre gli alberi alla mia destra, quella che era la mia casa in affitto da studentessa fuori sede. L’edificio è crollato per metà: un ammasso di cumuli di macerie e ferro, si mantiene eretto quasi per miracolo, il tetto è sfondato, la porta è divelta ma ancora attaccata ai cardini, forse sorretta dall’intrico di rampicanti che le erano attorno da ornamento.

Presa da un’irrefrenabile necessità, senza pensare alle conseguenze del mio gesto, mi addentro in casa. Oltrepasso la cucina, i pensili distrutti con le ante aperte, scatole di tonno e altro cibo in terra; il tavolino, ancora intatto, ricoperto di calcinacci.

Il corridoio è attraversato da crepe, arzigogolate decorazioni nel muro come arabeschi terribili disegnati dalla terra che trema.

La stanza di Maria e Alberto è un caos di cose rivoltate, ma almeno loro non erano in casa perché partiti proprio ieri per un week-end dai genitori. Non guardo oltre, supero il bagno e, senza perder ulteriore tempo, sono davanti alla porta della mia camera che non c’è più. E’ infatti nella parte della casa crollata, il tetto scoperchiato è uno squarcio spalancato verso il cielo. La parte sinistra della stanza è sparita, i mobili sommersi da mucchi di cemento, il mio letto è sotto di essi. C’è ancora fumosa polvere che aleggia nella stanza, pulviscolo che s’espande oltre il bosco, un bosco che ora è spaventato spettatore, assieme a me, del disastro che regna qui dentro.

Mi siedo affranta sulla sedia della mia scrivania, unico suppellettile sopravvissuto, il gomito appoggiato allo schienale, la testa sorretta dalla mia mano, in un patetico gesto di consolazione che a nulla serve, visto che continuo a guardarmi attorno in questa desolazione.

I miei vestiti, i miei libri, lo stereo… tutto è stato inghiottito! Provo a spostare le macerie in cerca di qualcosa di mio, ma trovo solo altro cemento, altra sabbia, altra polvere che s’infila nel mio respiro e mi fa venir da piangere. Non c’è più niente che mi appartenga in questo luogo, né gli appunti per la tesi, né il computer, né oggetti personali. Nulla, a parte quello stupido specchio ancora attaccato all’unica parete rimasta in piedi, beffardo o ostinato, non saprei dire. Ci guardo dentro e vedo solo mura crollate, disperazione e morte, nient’altro. D’improvviso un’intuizione mi pervade e il respiro s’interrompe. Il corpo diventa rigido, pietrificato, così come lo è già tutto il resto attorno a me. Getto di nuovo lo sguardo nello specchio e, nel riflesso che m’appare nell’angolo a sinistra, vedo un lembo di stoffa spuntare da sotto le macerie. Il mio pigiama, lo stesso che indosso ora…

Presa da una furia cieca inizio a scavare con le mani, senza accorgermi che non afferro niente, tranne l’aria. Ed è lì allora che comprendo, comprendo davvero ciò che è successo.

Un pianto di rabbia e incredulità mi scuote improvviso.

Per 23 lunghissimi secondi la terra ha tremato e ha inghiottito case, strade, ponti, gente, vite. Tante vite. Anche la mia.


[dedicato alla gente de L’Aquila e alla popolazione dell’Emilia]



∼ Loriana ∼






mercoledì 22 aprile 2015

[L'wW] - Romana di Ostia





Povera son sempre stata e sempre lo sarò pure se mi spezzo la schiena di lavoro, a pulire scale e condomini. Non vivrò mai serena, l’ansia della terza settimana me la porterò dentro finché campo. 
Sfortunata certo sono stata, un marito che è più dentro che fuori di galera, buono a farci niente, ubriacone molesto che preferisco stia via, almeno non mi mena. 
Io sono sempre stata precisa e onesta, eppure non mi è riuscito di crescere su i miei figli come me, tutti del padre hanno ripreso. La femmina che vuol fare la modella e torna tardi la sera perché, dice lei, in discoteca incontra i manager importanti, di quelli che fanno diventar famosa la gente, i talent scaut si chiamano. Gli altri due, i maschi grandi, che sono dei ladruncoli di mezza tacca, bravi solo a ricalcare le orme del padre. L’unico che mi fa tenerezza è quello piccolo che sembra non voler crescere mai, forse perché ha già capito quale futuro lo attende e preferisce scartar di lato. Mi fa pena quando lo guardo, perché non riesco a dirgli che prima o poi toccherà pure a lui, che la vita arriverà di botto e in modo crudele a dirgli che non c’è salvezza per noi che siamo destinati a una vita da piccola gente. 
Io l’ho capito da tanto, che son destinata a viver di patimenti, sempre attenta a ogni euro, sempre piegata a pulire, sempre in giro con la mia tuta da ginnastica nera a righe bianche e i maglioncini acrilici da pochi euro della bancarella. 
Una volta ero bella, ora il mio viso è scavato dalla stanchezza, sembro vecchia e ho poco più di quarant’anni. 
Troppo spesso mi scambiano per rumena, quando io sono romana, romana de Ostia. 
Sarà che la povertà imbruttisce e in questo diventiamo tutti uguali, tutti dello stesso paese: il paese dei poveracci, come me, che hanno gli occhi spenti e nessun futuro diverso da sperare.

Questo racconto fa parte della raccolta "Incontri metropolitani" leggibile gratuitamente on line a questo link

∼ Loriana ∼






mercoledì 25 febbraio 2015

[L'sW] - Crescere








Quella era finalmente la giornata speciale che Marco attendeva ormai da tempo, avrebbe affrontato la sua prova per l’indipendenza: da oggi avrebbe finalmente deciso lui.

Ormai era un uomo.
 
Si vestì con cura. La maglietta rossa con lo stemma sul lato sinistro. I jeans stirati di fresco. Le sneakers rosse e bianche ai piedi. Si pettinò in modo diverso dal solito, mise il gel per tenere alti i capelli bruni, normalmente portati con la frangia laterale. Poi prese lo zaino e se lo mise in spalla. Chiuse la porta e scese le scale. Sua madre era in cucina, come sempre a quell’ora.

Adele, la madre di Marco, era una donna ancora giovane. Un po’ in sovrappeso, ma questo non intaccava la sua bellezza. Gli occhi chiari e il viso tondo le davano un’aria da ragazzina. E poi quel sorriso speciale, che ogni volta le illuminava il viso – come quando d’improvviso sbuca l’arcobaleno dopo l’acquazzone.

Era bella, sua madre. Bella quando canticchiava mentre svolgeva le faccende domestiche, bella quando sorrideva. Bella anche quando s’infuriava, le piccole rughe sulla fronte a incupirle il viso e a oscurarle il chiaro degli occhi; ciò li rendeva, in quei momenti, ancora più profondi e pieni. E non è che Marco pensasse questo perché lei era sua madre, sapeva che Adele era bella, lo leggeva negli sguardi degli altri attorno a sé.

“Mamma, io vado” le disse serio, appoggiato alla porta della cucina. La voce tradì un leggero tremore, una nota d’ansia sfuggita al suo tentativo di dominare le emozioni.

Sua madre si voltò, negli occhi tracce di timori già espressi nei giorni precedenti. Aveva contrastato questa sua scelta come aveva potuto, poi l’irremovibilità di suo figlio e le argomentazioni di suo marito, l’avevano fatta desistere. Alla fine aveva ceduto.

“Bene, allora vai” gli rispose brusca, voltandogli le spalle.

“Sai che lo devo fare, mamma, ne abbiamo già parlato” le disse Marco, con un sospiro stanco, la mano destra appoggiata allo stipite, la sinistra sullo spallaccio dello zaino. Quant’era difficile farle capire che era arrivato il momento giusto, che lui era pronto!

“Sono grande, ormai” le ribadì, paziente.

Adele si voltò, sotto gli occhi un’ombra lieve, il segno di una notte non serena. Attese qualche istante, infine gli andò incontro abbracciandolo forte.

“Sì, sei grande ormai” gli rispose seria, nella sua voce c’era tutta la consapevolezza di questo figlio ormai sempre meno bambino.

“Beh, allora vado” annunciò finalmente Marco, staccandosi da quell’abbraccio e dando un’occhiata alla sua immagine riflessa attraverso lo specchio del corridoio. Si sistemò un ciuffo di capelli, lisciandoli con il palmo della mano, poi si voltò di nuovo verso sua madre ancora in attesa davanti alla porta.

“Ci vediamo dopo” la salutò, fingendo una sicurezza che non provava quasi più.

Uscì di casa e respirò l’aria fresca di prima mattina.
 
Tentennò per qualche istante, indugiando sul pianerottolo di casa.

Ne sarò capace?, si domandò, mentre ripercorreva mentalmente tutte le raccomandazioni dei suoi genitori, tutte le cose da compiere e le accortezze da usare. Ci rifletté e si sentì pronto: erano giorni che non faceva altro che rimuginarci sopra. Ora sapeva esattamente cosa doveva fare.

Un secondo dopo, sussultando per l’emozione, Marco fece i primi passi verso la fermata dell’autobus. Attraversò la strada con circospezione, mentre sentiva su di sé lo sguardo vigile di sua madre.

Arrivò con andatura dinoccolata alla fermata. Lì c’erano già Luca e Biagio, assieme alle loro madri, ad attenderlo, l’espressione stupita dipinta in volto.

“E tua madre?” gli domandarono i due amici, in coro.

Marco sospirò. Gettò l’ultima occhiata verso casa, sua madre era ancora lì alla finestra, poté scorgere il suo sguardo fiero e soddisfatto mentre lo salutava con la mano. Per la prima volta assaporò la sensazione di assoluta soddisfazione, un tuffo senza fiato nel vuoto, come mai prima gli era capitato di provare.

“Da oggi vado a scuola da solo” annunciò orgoglioso, allargandosi in un radioso sorriso.

Un sorriso da adulto, nei suoi pochi otto anni di bambino.

∼ Loriana ∼






lunedì 10 marzo 2014

RACCONTANDO L'AMORE - l'antologia del concorso Magla è on line!



Con il concorso Frecce d’inchiostro per San Valentino, il blog letterario Magla, l’isola del libro ha voluto prendere il senso profondo della tanto abusata parola amore e ha chiesto ai partecipanti di mostrare i diversi aspetti di questo sentimento universale. La parola amore viene sempre più fraintesa, complici i media che ci riempiono la mente di coppiette, cuoricini e glitter e sempre più spesso sentiamo dire: «Io non credo nell’amore» o «L’amore non esiste». Invece l’amore esiste, e non è solo quello che si giurano un uomo e una donna per l’eternità. L’amore è l’atto che crea un nuovo essere umano, l’amore sono la gioia e i sacrifici di un genitore per i propri figli, l’amore è una telefonata ad un amico, l’amore è sentirsi vivi quando si vede la bellezza del mondo ai piedi del cielo blu, l’amore è ritornare a casa e trovare il nostro cucciolo che ci sorride, felice di rivederci, l’amore è lasciare che le proprie dita compongano versi o musica, l’amore è cucinare, anche solo per se stessi, l’amore è leggere, l’amore è conoscere il mondo.
L’elenco non finisce qui. L’amore è tutto ciò in cui voi credete. Noi vi diamo alcuni esempi di amore attraverso quattro arti: la prosa, la poesia, il disegno e la fotografia. Manca la musica: fate partire la vostra canzone preferita e scopriamo insieme quanto grande e vario può essere il concetto dell’amore.   
[testo tratto dalla Presentazione dell'antologia]


Senza la partecipazione attiva e la creatività di tutti i concorrenti il concorso non avrebbe potuto realizzarsi, né ottenere il successo che ha ottenuto. Ringraziamo quindi tutti coloro che vi hanno partecipato, con entusiasmo e con i propri talenti, condivisi pubblicamente e resi fruibili per tutti. 
Ringraziamo anche chi ha votato ed espresso giudizi incoraggianti e commenti sul lavoro degli autori partecipando in altro modo (ma non in modo meno importante) a questo concorso, nato un po’ per gioco e diventato una bella esperienza collettiva. 
 [testo tratto dai Ringraziamenti dell'antologia]

I VOSTRI LAVORI SONO ORA NEL VOLUME 
"RACCONTANDO L'AMORE"
ANTOLOGIA CHE E' POSSIBILE LEGGERE ONLINE OPPURE SCARICARE GRATUITAMENTE IN FORMATO PDF  DIRETTAMENTE DA QUESTI LINK

-> DAL BLOG DI ANNALISA CARAVANTE
  -> JOOMAG

venerdì 14 febbraio 2014

Concorso "Frecce d'inchiostro per San Valentino" - 2° CLASSIFICATO FOTOGRAFIA


AMBRA RUFINI

- volto -

Concorso "Frecce d'inchiostro per San Valentino" - 2° CLASSIFICATO DISEGNO


ASIA LUBERTI

"TI REGALO IL MIO CUORE"


Concorso "Frecce d'inchiostro per San Valentino" - 2° CLASSIFICATO POESIA

 

GIUSY DEL VENTO

"PENELOPE"


Concorso "Frecce d'inchiostro per San Valentino" - 2° CLASSIFICATO RACCONTO BREVE


 

CATERINA RONDELLO

"RICORDAMI"

Concorso "Frecce d'inchiostro per San Valentino" - 1° PREMIO RACCONTO BREVE

MANUELA DICATI

"UNO SGUARDO PER INNAMORARSI"


 vince l'ebook "L'amuleto di giada" di Ginevra Wilde 

 


Accidenti! Stava buttando giù il finimondo e la macchina era ancora lontana. Il vento rendeva impossibile aprire l’ombrello e le pozzanghere mi avevano completamente bagnato le scarpe da ginnastica. E che altro potevo aspettarmi dalla serata di San Valentino. Quella stupida e ridicola festa non faceva che perseguitarmi. Ogni anno, per non essere tormentata dalle mille coppiette felici che si scambiavano regali ed effusioni immerse nel loro mondo di cuori palpitanti e arcobaleni di felicità, mi tappavo in casa a guardare la tv, cercando di non pensare a quanto mi sentissi sola. 25 anni e single cronica in un mondo di coppie: amici, colleghi, famiglia. Ognuno sembrava aver trovato la sua anima gemella…tranne me.
Correndo a testa bassa lungo il marciapiede, con il vento gelato che mi frustava la faccia e mi schizzava addosso la pioggia incessante facendomi lacrimare gli occhi, non mi accorsi dell’ostacolo davanti a me. Inciampai e caddi in ginocchio finendo di bagnare quei pochi centimetri di abiti che resistevano all’invasione della pioggia. Un flebile guaito richiamò la mia attenzione sovrastando la sfilza di imprecazioni che mi stavano per uscire dalla bocca. Mi voltai e una carezza calda e umida mi toccò il viso. Sbattei le palpebre confusa e mi ritrovai in ginocchio con il viso a pochi centimetri da due occhioni marroni che mi guardavano con estrema tristezza, ma accesi da una punta di speranza.
Ecco il mio ostacolo: un cucciolo di cane, di circa 1 mese; un piccolino dal pelo rado e fulvo, debole e palesemente denutrito, con la coda tra le gambe in segno di paura e sottomissione. Chi poteva essere il bastardo che aveva abbandonato quel tenero cagnolino in pieno inverno? Chissà da quanto vagabondava. Lo guardai senza riuscire a parlare. Cosa potevo fare? Io non ero tipo da animali domestici. Nove ore al giorno fuori di casa, sempre al lavoro e di corsa… non potevo prendermi cura di lui. Il cucciolo mugolò ancora e quel suono mi trafisse il cuore e l’anima. Era fradicio e solo, proprio come me. Non potevo lasciarlo lì. Sarebbe morto di fame o dal freddo o ucciso da una macchina. Quegli occhi spaventati e tristi continuavano a fissarmi e quando mi leccò nuovamente in un timido bacio, capii che il mio destino era segnato. Lo presi in braccio e lo nascosi sotto la giacca per dargli un minimo di protezione. Poi corsi più velocemente possibile alla macchina col mio piccolo e fragile fagottino accoccolato sul mio petto.
Mi precipitai a casa e deposi il cucciolo sul divano (al diavolo se era sporco e bagnato), e iniziai a frizionarlo con un asciugamano pulito.
-Non preoccuparti piccolo. Ora ci penso io a te.
Per tutta risposta mi meritai un’altra leccata e questa volta la sua coda mostrò la sua dolce gioia. Mi presi cura di lui, recuperai qualche cosa per farlo mangiare e poi pensai anche alle mie pietose condizioni. Mi sedetti anch’io sul divano stanca ma soddisfatta e lui si rannicchiò sul mio grembo. Fuori il temporale era diventato un vero e proprio nubifragio e rabbrividii al pensiero della fine che avrebbe fatto se non lo avessi preso con me. Lo guardai. Ripulito e asciutto era proprio un amore e una volta che avesse messo su qualche kilo sarebbe stato un vero splendore. Anche lui mi guardò e in quell’istante nei suoi occhi lessi pura gioia. Strofinò il musetto sul mio petto e poi si addormentò ronfando come un bimbetto. Il calore del suo corpicino stretto al mio era così bello che in quel momento mi sentii veramente felice. Forse non ero stata io a trovare lui ma lui aveva trovato me, forse Dio ci aveva messi sulla stessa strada in una gelida sera d’inverno. Non lo sapevo, ma di una cosa ero sicura: nessuno dei due sarebbe più stato solo.
-Dormi piccolino. Ora ci sono io. Dormi mio piccolo Valentino.

 Congratulazioni all'autrice!

Concorso "Frecce d'inchiostro per San Valentino" - 1° PREMIO POESIA


ANNACHIARA DI STASIO

"SCOSSO, ARDITO SOSPIRO"

 vince l'ebook "L'istante tra due battiti" di Marta Tempra

"Scosso, ardito sospiro"
Scosso, ardito sospiro
Geme,
pungolo che preme sulla carne scossa
intriso nel reo veleno
inconsistente profumo di viole
gocce sparse sul talamo sfatto
sale sulla pelle umida
chiarore brillante sulle lenzuola appassite
trema con la brezza che solleva
il suo abbraccio spezzato.

Tornano a bruciare
le sue serafiche labbra sulle mie
si leva il suo scricchiolante gemito
traballa la sua mano in bilico
sospesa insieme a frasi troppo consumate
ma rifiorite come primaverili foglie
versi consumati da arti pesanti
recalcitrante marea che tarda ad arrivare
sotto l’intera stanca mitologia luminosa.

Chiede desideri già confessati
peccati già compiuti
e ancora geme.

 Congratulazioni all'autrice!

Concorso "Frecce d'inchiostro per San Valentino" - 1° PREMIO DISEGNO

ILARIA ROMITO

"E or siam fatti sterpi"

 vince l'ebook "L'inverno e la primavera" di Annalisa Caravante + il suo disegno diventerà la IV di copertina dell'antologia

 Congratulazioni all'autrice!

Concorso "Frecce d'inchiostro per San Valentino" - 1° PREMIO FOTOGRAFIA

LUISA NESPOLO 

vince l'ebook "Il cielo d'Inghilterra" di Loriana Lucciarini

+ la sua foto diventerà la copertina dell'antologia

Congratulazioni all'autrice!

Concorso "Frecce d'inchiostro per San Valentino" - MENZIONE D'ONORE POESIE


"AMORE DI CERA"
di Letizia Mancioppi

"LA DONNA CHE AMO"
di Teodoros Efthymiou (traduzione di Demetra Efthymiou)


Concorso "Frecce d'inchiostro per San Valentino" - MENZIONE D'ONORE RACCONTI


"UNA VARIOPINTA FELICITA'"
di Paola Paudice

"L'ESTATE DI LARA"
di Laura Bassutti