mercoledì 20 maggio 2015

[L'sW] - I 23 secondi in cui la terra tremò







Mi ridesto che è già sorta l’alba. La luce ha iniziato a illuminare il mondo, definendo paesaggi e oggetti che prima erano solo un’ombra indistinta attorno a me. Mi guardo intorno stupita, osservando la strada che ho di fronte, sinuosa curva di asfalto percorsa ai lati dal verde di questa terra. Il bosco è appena più in là.

Faccio qualche passo e vengo investita da una folata di vento che fa alzare una nube di polvere bianca e sabbiosa; questa m’avvolge e s’avviluppa anche attorno alla vegetazione. C’è un silenzio irreale, quasi statico, ovattato.

Ma dove sono? Sì, ora ricordo…

Sono uscita quando la terra ha smesso di tremare, appena dopo il boato e la polvere. Un terremoto. Per 23 lunghissimi secondi la terra è stata solo un rombo arrivato dalle viscere del mondo, a inghiottire case, strade, ponti, gente, vite.

Mi volto e riconosco a fatica, oltre gli alberi alla mia destra, quella che era la mia casa in affitto da studentessa fuori sede. L’edificio è crollato per metà: un ammasso di cumuli di macerie e ferro, si mantiene eretto quasi per miracolo, il tetto è sfondato, la porta è divelta ma ancora attaccata ai cardini, forse sorretta dall’intrico di rampicanti che le erano attorno da ornamento.

Presa da un’irrefrenabile necessità, senza pensare alle conseguenze del mio gesto, mi addentro in casa. Oltrepasso la cucina, i pensili distrutti con le ante aperte, scatole di tonno e altro cibo in terra; il tavolino, ancora intatto, ricoperto di calcinacci.

Il corridoio è attraversato da crepe, arzigogolate decorazioni nel muro come arabeschi terribili disegnati dalla terra che trema.

La stanza di Maria e Alberto è un caos di cose rivoltate, ma almeno loro non erano in casa perché partiti proprio ieri per un week-end dai genitori. Non guardo oltre, supero il bagno e, senza perder ulteriore tempo, sono davanti alla porta della mia camera che non c’è più. E’ infatti nella parte della casa crollata, il tetto scoperchiato è uno squarcio spalancato verso il cielo. La parte sinistra della stanza è sparita, i mobili sommersi da mucchi di cemento, il mio letto è sotto di essi. C’è ancora fumosa polvere che aleggia nella stanza, pulviscolo che s’espande oltre il bosco, un bosco che ora è spaventato spettatore, assieme a me, del disastro che regna qui dentro.

Mi siedo affranta sulla sedia della mia scrivania, unico suppellettile sopravvissuto, il gomito appoggiato allo schienale, la testa sorretta dalla mia mano, in un patetico gesto di consolazione che a nulla serve, visto che continuo a guardarmi attorno in questa desolazione.

I miei vestiti, i miei libri, lo stereo… tutto è stato inghiottito! Provo a spostare le macerie in cerca di qualcosa di mio, ma trovo solo altro cemento, altra sabbia, altra polvere che s’infila nel mio respiro e mi fa venir da piangere. Non c’è più niente che mi appartenga in questo luogo, né gli appunti per la tesi, né il computer, né oggetti personali. Nulla, a parte quello stupido specchio ancora attaccato all’unica parete rimasta in piedi, beffardo o ostinato, non saprei dire. Ci guardo dentro e vedo solo mura crollate, disperazione e morte, nient’altro. D’improvviso un’intuizione mi pervade e il respiro s’interrompe. Il corpo diventa rigido, pietrificato, così come lo è già tutto il resto attorno a me. Getto di nuovo lo sguardo nello specchio e, nel riflesso che m’appare nell’angolo a sinistra, vedo un lembo di stoffa spuntare da sotto le macerie. Il mio pigiama, lo stesso che indosso ora…

Presa da una furia cieca inizio a scavare con le mani, senza accorgermi che non afferro niente, tranne l’aria. Ed è lì allora che comprendo, comprendo davvero ciò che è successo.

Un pianto di rabbia e incredulità mi scuote improvviso.

Per 23 lunghissimi secondi la terra ha tremato e ha inghiottito case, strade, ponti, gente, vite. Tante vite. Anche la mia.


[dedicato alla gente de L’Aquila e alla popolazione dell’Emilia]



∼ Loriana ∼






1 commento:

  1. Scritto in maniera ammirabile fa rivivere la realtà di quei momenti terribili. Avendo vissuto in isole esotiche del Ring of Fire ho assistito a terremoti superiori al livello 6 e uragani di incredibile portata ma laggiù i danni non erano così consistenti. Le case son fatte di legno coi tetti di paglia e dopo la distruzione sono facilmente ricostruite sempre allo stesso modo.

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